Pronto soccorso, è il caos
Protestano i pazienti: otto ore di attesa per una visita.
L’AQUILA. Pronto soccorso intasato, pochi medici e personale ausiliario, lavoro quadruplicato e attese talmente lunghe da far spazientire chiunque. Il reparto scoppia perche nell’ospedale regionale l’emergenza del dopo terremoto non è terminata. Inoltre se la popolazione è diminuita è invece cresciuta l’utenza per via dei molti incidenti nei cantieri dove si realizzano case antisismiche.
LE ATTESE. Le segnalazioni sono diverse. I familiari di una signora molto anziana, con patologie irreversibili anche per via dell’età avanzata, asseriscono che per poter essere curata al pronto soccorso per una infezione a una gamba ci sono volute quasi otto ore di attesa. «Non si trattava di una urgenza propriamente detta», dichiarano i familiari, «ma far aspettare tutto quel tempo una persona malferma di salute e vicina ai 90 anni non è cosa corretta. Sta di fatto che in molti le passavano avanti in quanto avevano precedenza per via del codice diverso loro assegnato, ma non erano persone che stavano male.
E comunque si trattava di giovani che potevano aspettare. In ospedale ci hanno consigliato anche di contatare il medico di fiducia per fare la medicazione senza considerare quanto è difficile, con gli studi chiusi dopo il sisma, quanto sia difficile reperirlo e accordarsi». Insomma una spicevole odissea e un caso emblematico vista l’anagrafe della paziente. Ma una simile esperienza, sotto il profilo temporale, è segnalata anche da altri pazienti. E’ il caso di una donna domiciliata in un campo sfollati che andata al pronto soccorso per una visita specialistica per un problema a un occhio. E’ entrata al pronto soccorso nel primissimo pomeriggio per uscire, tra attesa e terapia, intorno alle 23. Insomma un problema da sempre sotto la lente del manager Roberto Marzetti, ma ora acuito dalle conseguenze del sisma.
INCIDENTI. Una delle ragioni di questi ritardi e l’accresciuta utenza del pronto soccorso del presidio medico del capoluogo di regione. Infatti si sono aggiunti gli innumerevoli infortuni sul lavoro che si verificano nei vari cantieri per le realizzazioni delle casette. Secondo un dato della Cgil, le persone impiegate a lavorare come manovali e operai nei vari cantieri sono circa 1800, non solo aquilani ma c’è anche manodopera proveniente da altre regioni e diverso stranieri. Valutazioni non ufficiali (ma vicinissime alla realtà) visto che un computo esatto ancora non esiste, fanno ritenere che ci sono in media due o tre casi al giorno di operai che vengono medicati al pronto soccorso per contusioni e traumi. Non ci sono eventi gravi, ad eccezione di un paio di infortuni risalenti a un mese fa, poi risoltisi con lunghe degenze. A questi interventi si devono aggiungere quelli riguardanti i vigili del fuoco. E, anche in questi casi, per fortuna non si sono riscontrati incidenti con esiti letali.
I MEDICI. «Voglio precisare a chiare note», spiega il dirigente del reparto, Giuseppe Sambenedetto, «che da noi l’emergenza non è finita. Qui l’utenza è aumentata in maniera notevole e attualmente ci sono mediamente cento casi al giorno da valutare al pronto soccorso. Il personale è inferiore alle esigenze e in qualche caso abbiamo dovuto reclutare anche addetti da altri reparti. Insomma è una situazione difficile anche sotto l’aspetto logistico. Io, tanto per fare un esempio emblematico, non ho nemmeno un ufficio per ricevere le persone». «Purtroppo», dice il medico, «per come stanno adesso le cose chi va al pronto soccorso deve mettere in conto che le attese ci saranno ancora, a causa, appunto, dell’emergenza in atto. E non si sa per quanto tempo ancora sarà così».
LE ATTESE. Le segnalazioni sono diverse. I familiari di una signora molto anziana, con patologie irreversibili anche per via dell’età avanzata, asseriscono che per poter essere curata al pronto soccorso per una infezione a una gamba ci sono volute quasi otto ore di attesa. «Non si trattava di una urgenza propriamente detta», dichiarano i familiari, «ma far aspettare tutto quel tempo una persona malferma di salute e vicina ai 90 anni non è cosa corretta. Sta di fatto che in molti le passavano avanti in quanto avevano precedenza per via del codice diverso loro assegnato, ma non erano persone che stavano male.
E comunque si trattava di giovani che potevano aspettare. In ospedale ci hanno consigliato anche di contatare il medico di fiducia per fare la medicazione senza considerare quanto è difficile, con gli studi chiusi dopo il sisma, quanto sia difficile reperirlo e accordarsi». Insomma una spicevole odissea e un caso emblematico vista l’anagrafe della paziente. Ma una simile esperienza, sotto il profilo temporale, è segnalata anche da altri pazienti. E’ il caso di una donna domiciliata in un campo sfollati che andata al pronto soccorso per una visita specialistica per un problema a un occhio. E’ entrata al pronto soccorso nel primissimo pomeriggio per uscire, tra attesa e terapia, intorno alle 23. Insomma un problema da sempre sotto la lente del manager Roberto Marzetti, ma ora acuito dalle conseguenze del sisma.
INCIDENTI. Una delle ragioni di questi ritardi e l’accresciuta utenza del pronto soccorso del presidio medico del capoluogo di regione. Infatti si sono aggiunti gli innumerevoli infortuni sul lavoro che si verificano nei vari cantieri per le realizzazioni delle casette. Secondo un dato della Cgil, le persone impiegate a lavorare come manovali e operai nei vari cantieri sono circa 1800, non solo aquilani ma c’è anche manodopera proveniente da altre regioni e diverso stranieri. Valutazioni non ufficiali (ma vicinissime alla realtà) visto che un computo esatto ancora non esiste, fanno ritenere che ci sono in media due o tre casi al giorno di operai che vengono medicati al pronto soccorso per contusioni e traumi. Non ci sono eventi gravi, ad eccezione di un paio di infortuni risalenti a un mese fa, poi risoltisi con lunghe degenze. A questi interventi si devono aggiungere quelli riguardanti i vigili del fuoco. E, anche in questi casi, per fortuna non si sono riscontrati incidenti con esiti letali.
I MEDICI. «Voglio precisare a chiare note», spiega il dirigente del reparto, Giuseppe Sambenedetto, «che da noi l’emergenza non è finita. Qui l’utenza è aumentata in maniera notevole e attualmente ci sono mediamente cento casi al giorno da valutare al pronto soccorso. Il personale è inferiore alle esigenze e in qualche caso abbiamo dovuto reclutare anche addetti da altri reparti. Insomma è una situazione difficile anche sotto l’aspetto logistico. Io, tanto per fare un esempio emblematico, non ho nemmeno un ufficio per ricevere le persone». «Purtroppo», dice il medico, «per come stanno adesso le cose chi va al pronto soccorso deve mettere in conto che le attese ci saranno ancora, a causa, appunto, dell’emergenza in atto. E non si sa per quanto tempo ancora sarà così».