Coe, l’importanza di essere brocchi
Lo scrittore inglese a Pescara: nei miei libri comando io
«Quando scrivo i miei romanzi sono io il boss, sono io che decido la sorte dei miei personaggi». A vederlo e sentirlo - camicia bianca a maniche lunghe, faccia invecchiata bene da primo della classe di public school, voce monocorde e bassa - Jonathan Coe non sembra quel «dittatore» che confessa di essere nel rapporto che stabilisce con i libri che scrive da vent’anni con costante successo. A vederlo e sentirlo, sabato sera, in piazza Sacro Cuore a Pescara, c’era un pubblico folto, attento ed entusiasta che delle storie e dei personaggi eccentrici di Coe, sembrava saperne almeno quanto l’autore. Coe, 46 anni, inglese di Birmingham, ha incontrato il suo pubblico su invito dei responsabili della libreria Feltrinelli di Pescara. E il botta e risposta fra scrittore e lettori è andato in scena proprio di fronte alla libreria della casa editrice che, in Italia, ha pubblicato tutti i suoi romanzi (tranne il primo), compreso l’ultimo da poco uscito, «La pioggia prima che cada» (224 pagine, 16 euro, traduzione di Delfina Vezzoli).
A parlare con Coe di questo libro (e di quelli che l’hanno preceduto, dalla «Famiglia Winshaw» alla «Casa del sonno», dalla «Banda dei brocchi» a «Circolo chiuso») c’erano Giovanni Di Iacovo, scrittore pescarese, direttore del Festival delle letterature, e Gianni Melilla, consigliere regionale di Sinistra democratica. Il nuovo romanzo ha funzionato come spunto per rompere il ghiaccio fra lo scrittore e il suo pubblico. Nel libro, Coe racconta in prima persona la storia di una donna, anziana, lesbica, la zia Rosamond che è morta nella sua casa nello Shropshire, dove viveva sola, dopo l’abbandono di Rebecca e la morte di Ruth, la pittrice che è stata la sua ultima compagna. Quando è morta, stava ascoltando un disco, «Canti dell’Auvergne» e aveva un microfono in mano. Sul tavolo c’era un album di fotografie. Zia Rosamond ha diviso il suo patrimonio in tre parti: un terzo a Gill, la sua nipote preferita; un terzo a David, il fratello di Gill; e un terzo a Imogen. Gill e David fanno un po’ fatica a capire chi sia questa Imogen. Poi ricordano di averla vista solo una volta nel 1983, alla festa per il cinquantesimo compleanno di Rosamond. Più di vent’anni prima, dunque. Imogen era quella bimba bionda di sette o otto anni, cieca, venuta con gli altri a festeggiare la padrona di casa. «E’ un libro», ha detto Coe, «in cui ho cercato di superare alcune delle mie debolezze, soprattutto la difficoltà che ho sempre avuto a descrivere visivamente personaggi e luoghi. Sono una persona che ama molto la musica e che ha sempre percepito e descritto il mondo attraverso i suoni. Questa volta ho voluto cambiare».
La musica è un elemento fondamentale di un romanzo generazionale come «La banda dei brocchi» che, in originale, si intitola «The Rotters’ Club», il nome di un album di una band di prog-rock della metà degli anni Settanta, gli Hatfield and the North. «In quel libro», ha spiegato lo scrittore, «raccontavo il passaggio, avvenuto a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, dal progressive rock al punk; e, insieme ad esso, il passaggio dai governi socialisti al thatcherismo. Ma non c’è, a mio avviso, un legame fra i due fenomeni. Mente chi, ancora oggi, sostiene che ci sia un rapporto stetto fra musica e politica. Il Live Earth ne è un esempio. Il problema del riscaldamento globale esiste, ma non capisco come possa farsene portavoce una popstar come Madonna». Sulla situazione politica del suo Paese, Coe ha ammesso di avere le idee confuse. «Quello che è accaduto negli ultimi tempi», ha detto, «mi fa quasi rimpiangere gli anni della Thatcher: almeno allora si capivano le posizioni in campo. Oggi, invece, tutto è più sfumato e contraddittorio. Sto ancora ercando di digerire i cambiamenti in corso - fra cui la ripresa recente del terrorismo - e, quindi, non mi sento pronto a scriverne. Lo farò, forse, fra qualche anno, ma sicuramente non nel mio prossimo libro». Ai suoi informatissimi fan Coe ha regalato, infine, un segreto, quello del nome del suo autore preferito: Rosamond Lehman, una scrittrice inglese poco conosciuta, morta nel 1990 all’età di 89 anni: «E’ in suo onore che ho chiamato Rosemund la protagonista del mio nuovo libro. Sono vent’anni che leggo e rileggo un suo romanzo, «Dusty answers”. E’ bellissimo, ve lo consglio».
A parlare con Coe di questo libro (e di quelli che l’hanno preceduto, dalla «Famiglia Winshaw» alla «Casa del sonno», dalla «Banda dei brocchi» a «Circolo chiuso») c’erano Giovanni Di Iacovo, scrittore pescarese, direttore del Festival delle letterature, e Gianni Melilla, consigliere regionale di Sinistra democratica. Il nuovo romanzo ha funzionato come spunto per rompere il ghiaccio fra lo scrittore e il suo pubblico. Nel libro, Coe racconta in prima persona la storia di una donna, anziana, lesbica, la zia Rosamond che è morta nella sua casa nello Shropshire, dove viveva sola, dopo l’abbandono di Rebecca e la morte di Ruth, la pittrice che è stata la sua ultima compagna. Quando è morta, stava ascoltando un disco, «Canti dell’Auvergne» e aveva un microfono in mano. Sul tavolo c’era un album di fotografie. Zia Rosamond ha diviso il suo patrimonio in tre parti: un terzo a Gill, la sua nipote preferita; un terzo a David, il fratello di Gill; e un terzo a Imogen. Gill e David fanno un po’ fatica a capire chi sia questa Imogen. Poi ricordano di averla vista solo una volta nel 1983, alla festa per il cinquantesimo compleanno di Rosamond. Più di vent’anni prima, dunque. Imogen era quella bimba bionda di sette o otto anni, cieca, venuta con gli altri a festeggiare la padrona di casa. «E’ un libro», ha detto Coe, «in cui ho cercato di superare alcune delle mie debolezze, soprattutto la difficoltà che ho sempre avuto a descrivere visivamente personaggi e luoghi. Sono una persona che ama molto la musica e che ha sempre percepito e descritto il mondo attraverso i suoni. Questa volta ho voluto cambiare».
La musica è un elemento fondamentale di un romanzo generazionale come «La banda dei brocchi» che, in originale, si intitola «The Rotters’ Club», il nome di un album di una band di prog-rock della metà degli anni Settanta, gli Hatfield and the North. «In quel libro», ha spiegato lo scrittore, «raccontavo il passaggio, avvenuto a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, dal progressive rock al punk; e, insieme ad esso, il passaggio dai governi socialisti al thatcherismo. Ma non c’è, a mio avviso, un legame fra i due fenomeni. Mente chi, ancora oggi, sostiene che ci sia un rapporto stetto fra musica e politica. Il Live Earth ne è un esempio. Il problema del riscaldamento globale esiste, ma non capisco come possa farsene portavoce una popstar come Madonna». Sulla situazione politica del suo Paese, Coe ha ammesso di avere le idee confuse. «Quello che è accaduto negli ultimi tempi», ha detto, «mi fa quasi rimpiangere gli anni della Thatcher: almeno allora si capivano le posizioni in campo. Oggi, invece, tutto è più sfumato e contraddittorio. Sto ancora ercando di digerire i cambiamenti in corso - fra cui la ripresa recente del terrorismo - e, quindi, non mi sento pronto a scriverne. Lo farò, forse, fra qualche anno, ma sicuramente non nel mio prossimo libro». Ai suoi informatissimi fan Coe ha regalato, infine, un segreto, quello del nome del suo autore preferito: Rosamond Lehman, una scrittrice inglese poco conosciuta, morta nel 1990 all’età di 89 anni: «E’ in suo onore che ho chiamato Rosemund la protagonista del mio nuovo libro. Sono vent’anni che leggo e rileggo un suo romanzo, «Dusty answers”. E’ bellissimo, ve lo consglio».