Ingegnere pescarese in forza alla McLaren

1 Aprile 2018

Andrea Damiani  progetta software che servono per far funzionare bolidi come la 720 S del costo di 250mila sterline

PESCARA. Era presente durante una visita istituzionale del principe William alla McLaren di Woking (contea del Surrey) alle porte di Londra, dove Andrea Damiani, 31 anni, pescarese nato a Chieti con doppia nazionalità italiana e inglese, vive nelle vicinanze di Windsor, da un anno e mezzo.
Ha scambiato quattro chiacchiere con Fernando Alonso, Felipe Massa e Valtteri Bottas, piloti della Formula Uno che ha potuto incontrare grazie al suo lavoro di senior engineering alla McLaren Automotive, azienda produttrice di auto sportive di lusso, con 3000 dipendenti, tra cui molti italiani.
Damiani progetta software, sistemi di controllo elettronici che servono per far funzionare bolidi come la 720 S del costo di 250 mila sterline (oltre 284 mila euro) e che viaggiano a una  velocità di 250 km orari.
Prima ancora, per due anni e mezzo, e fino alla fine del 2016, ha lavorato per la Williams, scuderia britannica della Formula Uno. Una carriera rapida e brillante in seno alle più famose case automobilistiche mondiali, ottenuta molto «per merito», ma anche un po’ per fortuna: «Ero la persona giusta al posto giusto, che aveva le competenze che in quel momento servivano alle grandi aziende per crescere e svilupparsi».
Un concetto espresso con l'umiltà di chi sa di essere bravo, ma senza ostentazione. Il giovane pescarese, che vive in Inghilterra da sette anni e non ha mai lavorato in Italia, è figlio di Arcadio Damiani, radiologo all'ospedale civile, e di Mirella D'Amico, laureata in Scienze Sociali.
Anche la sorella Claudia, 28 anni, è ingegnere in un’azienda che produce applicazioni elettroniche ad Amburgo, in Germania, dove vive. La passione di Andrea per le macchinine esplode all'età di 12 anni, dopo aver esplorato quella per i serpenti e i dinosauri.
«A quell'età», racconta, «mentre smontavo e rimontavo macchinine, decisi che da grande avrei intrapreso questo tipo di carriera».
E, scuola dopo scuola, studi dopo studi, non ha mai perso di vista il suo obiettivo.
Elementari alla Ennio Flaiano, medie alla Antonelli. Poi, al liceo scientifico Galilei, le equazioni matematiche e la fisica, hanno rafforzato il suo sogno. Quindi si è iscritto al Politecnico di Milano dove ha vissuto per cinque anni.
Triennale e specialistica. Durante la preparazione della tesi di laurea sull'orientamento meccanico aeronautico (altra sua grande passione) gli capita di trasferirsi a Bristol, in Inghilterra. Era il 2011.
E il sogno comincia a prendere forma. Che cosa accadde?
Ho cercato e trovato lavoro mentre mi stavo laureando. Sono stato assunto alla Stirling Dynamics, società di consulenza e progettazione in ambito aeronautico. Mi occupavo di simulazioni di settore, ci sono rimasto tre anni.
Poi, il trasferimento a Oxford.
Esatto, dove ho trovato impiego alla Williams engineering, divisione tecnologica applicata per la Formula Uno. Piano piano sono riuscito a realizzare il mio sogno di bambino di vedere le automobili da corsa e conoscere piloti famosi come Fernando Alonso, Felipe Massa e Valtteri Bottas. Grandi emozioni vissute dal vivo, dopo essere rimasto affascinato da questo mondo sin da piccolo. Alla Williams sono rimasto due anni e mezzo, fino al 2016.
Come è approdato in McLaren?
Nessuno mi ha segnalato, ci sono arrivato attraverso il web. E' stato un punto di arrivo, ma anche di partenza e io ho sempre avuto una forte motivazione per conoscere questo mondo nel quale vorrei restare ancora a lungo (sorride).
Sta lavorando al prossimo obiettivo?
No, con il mio lavoro ho realizzato il sogno della vita. Sono felice così.
Hobby?
Un tempo suonavo il pianoforte, ma è uno strumento un po’ ingombrante da trascinarsi dietro. Quindi, quando possibile, faccio palestra, nuoto, corsa e tante letture, saggi prevalentemente.
Lei vive nella patria dei reali d'Inghilterra, a Windsor. Ha avuto modo di conoscerli?
Ho conosciuto il principe William durante una visita istituzionale alla McLaren. E precedentemente, alla Williams, conobbi il primo ministro del Regno Unito, David Cameron.
E' l'unico abruzzese nella azienda dove lavora?
Non sono sicuro, ma penso di sì. Vi lavorano comunque molti italiani provenienti da tutte le parti della nazione.
Che consigli darebbe a un giovane come lei che volesse lasciare l'Italia per una carriera all'estero?
Andare all'estero è una scelta, come lo è stata per me. Il consiglio che posso dare ai ragazzi è capire prima che cosa si vuole fare nella vita e amare il lavoro scelto. Altrimenti, la vita fuori dalla propria città d'origine diventa un peso. Se si ha la giusta motivazione, si possono realizzare tutti i sogni. In Inghilterra, esiste il concetto meritocratico e anche referenziale, che non vuol dire raccomandazione. Le aziende cercano il personale in base alle referenze richieste anche tra le aziende. Le industrie cercano persone che hanno competenza e affidabilità. Non conosco la situazione italiana perché io non ho mai lavorato in Italia, ma mi farebbe piacere se questo Paese offrisse ai giovani l'opportunità di non andar via.
Si ritiene ambizioso?
L'ambizione è la naturale conseguenza di chi vuole continuamente migliorarsi.
Torna spesso a Pescara?
Non tantissimo. Ma quando accade, è bello stare in famiglia e ritrovare gli amici del liceo.
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