Invase il campo per Cassano tifoso condannato a 10 mesi
Arrestato per dodici ore, condannato a dieci mesi di carcere, ingresso vietato allo stadio fino al 2018. Mario Ferri, 23 anni di Montesilvano, detto il Falco, è specialista delle invasioni di campo: tre in quattro anni.
PESCARA. Arrestato per dodici ore, condannato a una pena di dieci mesi di carcere, ingresso vietato allo stadio fino al 2018. Mario Ferri, 23 anni di Montesilvano, detto il Falco, è lo specialista delle invasioni di campo: tre in quattro anni. Anche il tribunale di Genova, ieri, gliel’ha riconosciuto: durante il processo per direttissima, celebrato dopo l’arresto per l’invasione di campo al primo minuto di Sampdoria-Napoli in nome di Antonio Cassano, Ferri è stato bollato come «un professionista del mestiere» tirando in ballo anche il romanzo di Frank Abagnale «Prova a prendermi» trasformato in un film da Leonardo Di Caprio e Tom Hanks nel 2002.
IL RIBELLE. Ferri, rappresentante di commercio, è «un ribelle del tifo»: il 16 settembre del 2007, Pescara-Sambenedettese 4-1, ha invaso il campo per sbeffeggiare la curva rossoblù; il 14 novembre 2009, durante l’amichevole Italia-Olanda, ancora all’Adriatico, è scappato dal settore riservato ai disabili per lanciare il suo messaggio in difesa di Cassano; 48 ore fa l’ultima impresa per ricordare a Marcello Lippi di portare anche «Cassano in Nazionale» come si è scritto sulla maglia blu.
IL VIAGGIO IN TRENO. Ferri, con l’invasione di Italia-Olanda, ha ottenuto la ribalta dei media, ha fatto beneficenza vendendo la maglia con la “S” di Superman su ebay per 227 euro consegnati alla onlus di Massimo Oddo, ma è stato anche destinatario di un Daspo di tre anni. Per difendere il diritto di Cassano di andare in Nazionale, non ha rispettato il divieto di entrare allo stadio: «Venerdì ho preso il treno da Pescara per Genova e sabato sono andato all’allenamento della Sampdoria», racconta, «Cassano mi ha visto dall’autobus, mi ha fatto salire e mi ha portato nel centro sportivo della Samp. Che mi ha detto? “Mi hai fatto felice con l’invasione di campo in Italia-Olanda”. Poi, mi ha fatto un autografo sulla maglia che ho indossato domenica in campo: “A Mario con affetto. Antonio Cassano”».
CASSANO SAPEVA. Nell’incontro tra Cassano e il professionista delle invasioni di cosa si è parlato? «Ai giocatori della Samp ho detto: “Siete pronti? Guardate che ne faccio un’altra”. Che mi ha risposto Cassano? “Eh, non ci credo”. Cassano sapeva che l’avrei fatto». E Cassano è stato il primo a intervenire per portare fuori dal campo il Falco.
IL SOPRALLUOGO. «L’invasione di campo all’Adriatico», dice Ferri, «è stata semplice. Marassi è un bunker. Sabato ho fatto un sopralluogo allo stadio e domenica mattina sono andato presto, verso le nove, con una pettorina da steward che mi ero portato da Pescara. Mi sono travestito da steward e ho aspettato l’inizio della partita. Sono riuscito a eludere tutti i controlli: questo è il bello, beffare la sicurezza dello stadio». Dopo 48 secondi dall’inizio, Ferri è entrato in campo: Cassano lo ha consegnato al servizio d’ordine - «Non fategli niente, è bravo e garantisco io», ha detto Cassano - e, per il Falco, è cominciata un’altra storia.
L’ARRESTO. «La polizia», spiega Ferri, «mi ha portato in questura: sì ho violato il Daspo di tre anni che mi è stato assegnato dopo Italia-Olanda. Sono stato trattato bene: ho mangiato la pizza, ho visto i gol della domenica in televisione con i poliziotti e ho dormito nella cella ma con la porta aperta».
Dopo il risveglio, ieri, il processo per direttissima. Il gip del tribunale di Genova ha rivolto una domanda a Ferri: «Perché l’ha fatto?». La risposta di Ferri: «Per me», ha detto da idealista, «è un’ingiustizia non portare Cassano in Nazionale. Cassano non viene chiamato per motivi futili e ho voluto dimostrarlo a tutta l’Italia».
LA PENA. Ma quanto può costare un abbraccio a Cassano? Un arresto durato dodici ore, la fedina penale macchiata da una pena di dieci mesi, un Daspo di altri cinque anni che, aggiunto al precedente divieto imposto dalla questura di Pescara, significa che Ferri potrà tornare in uno stadio soltanto nel 2018. «Ma Cassano si è procurato il mio numero, mi chiamerà e mi inviterà anche al suo matrimonio», garantisce Ferri. «Cinque anni di Daspo sono gravi per i tifosi ma non per me, non mi interessa andare allo stadio a vedere la partita e poi non ho mai avuto problemi con la legge: sono estraneo al mondo della delinquenza. Mi definisco un burlone e non un cretino: le mie invasioni», dice, «non sono stupide perché hanno un senso. Ma posso dire che questa è stata la mia ultima invasione per Cassano»
IL RIBELLE. Ferri, rappresentante di commercio, è «un ribelle del tifo»: il 16 settembre del 2007, Pescara-Sambenedettese 4-1, ha invaso il campo per sbeffeggiare la curva rossoblù; il 14 novembre 2009, durante l’amichevole Italia-Olanda, ancora all’Adriatico, è scappato dal settore riservato ai disabili per lanciare il suo messaggio in difesa di Cassano; 48 ore fa l’ultima impresa per ricordare a Marcello Lippi di portare anche «Cassano in Nazionale» come si è scritto sulla maglia blu.
IL VIAGGIO IN TRENO. Ferri, con l’invasione di Italia-Olanda, ha ottenuto la ribalta dei media, ha fatto beneficenza vendendo la maglia con la “S” di Superman su ebay per 227 euro consegnati alla onlus di Massimo Oddo, ma è stato anche destinatario di un Daspo di tre anni. Per difendere il diritto di Cassano di andare in Nazionale, non ha rispettato il divieto di entrare allo stadio: «Venerdì ho preso il treno da Pescara per Genova e sabato sono andato all’allenamento della Sampdoria», racconta, «Cassano mi ha visto dall’autobus, mi ha fatto salire e mi ha portato nel centro sportivo della Samp. Che mi ha detto? “Mi hai fatto felice con l’invasione di campo in Italia-Olanda”. Poi, mi ha fatto un autografo sulla maglia che ho indossato domenica in campo: “A Mario con affetto. Antonio Cassano”».
CASSANO SAPEVA. Nell’incontro tra Cassano e il professionista delle invasioni di cosa si è parlato? «Ai giocatori della Samp ho detto: “Siete pronti? Guardate che ne faccio un’altra”. Che mi ha risposto Cassano? “Eh, non ci credo”. Cassano sapeva che l’avrei fatto». E Cassano è stato il primo a intervenire per portare fuori dal campo il Falco.
IL SOPRALLUOGO. «L’invasione di campo all’Adriatico», dice Ferri, «è stata semplice. Marassi è un bunker. Sabato ho fatto un sopralluogo allo stadio e domenica mattina sono andato presto, verso le nove, con una pettorina da steward che mi ero portato da Pescara. Mi sono travestito da steward e ho aspettato l’inizio della partita. Sono riuscito a eludere tutti i controlli: questo è il bello, beffare la sicurezza dello stadio». Dopo 48 secondi dall’inizio, Ferri è entrato in campo: Cassano lo ha consegnato al servizio d’ordine - «Non fategli niente, è bravo e garantisco io», ha detto Cassano - e, per il Falco, è cominciata un’altra storia.
L’ARRESTO. «La polizia», spiega Ferri, «mi ha portato in questura: sì ho violato il Daspo di tre anni che mi è stato assegnato dopo Italia-Olanda. Sono stato trattato bene: ho mangiato la pizza, ho visto i gol della domenica in televisione con i poliziotti e ho dormito nella cella ma con la porta aperta».
Dopo il risveglio, ieri, il processo per direttissima. Il gip del tribunale di Genova ha rivolto una domanda a Ferri: «Perché l’ha fatto?». La risposta di Ferri: «Per me», ha detto da idealista, «è un’ingiustizia non portare Cassano in Nazionale. Cassano non viene chiamato per motivi futili e ho voluto dimostrarlo a tutta l’Italia».
LA PENA. Ma quanto può costare un abbraccio a Cassano? Un arresto durato dodici ore, la fedina penale macchiata da una pena di dieci mesi, un Daspo di altri cinque anni che, aggiunto al precedente divieto imposto dalla questura di Pescara, significa che Ferri potrà tornare in uno stadio soltanto nel 2018. «Ma Cassano si è procurato il mio numero, mi chiamerà e mi inviterà anche al suo matrimonio», garantisce Ferri. «Cinque anni di Daspo sono gravi per i tifosi ma non per me, non mi interessa andare allo stadio a vedere la partita e poi non ho mai avuto problemi con la legge: sono estraneo al mondo della delinquenza. Mi definisco un burlone e non un cretino: le mie invasioni», dice, «non sono stupide perché hanno un senso. Ma posso dire che questa è stata la mia ultima invasione per Cassano»