PESCARA
Minacce social al figlio del carabiniere ucciso dalle Br: l'autore confessa
Le indagini dopo l'esposto di Bruno D'Alfonso hanno portato a un 28enne di Udine
PESCARA. Ha minacciato il figlio di un carabiniere ucciso dalle brigate rosse inviandogli un messaggio social (Instagram) raffigurante la foto del padre con una X rossa sul volto e la frase “sei il prossimo”. Si tratta di un 28enne residente a Udine che alla luce del sequestro nella sua abitazione di smartphone e computer, ha confessato agli agenti di essere lui l'uomo che stavano cercando. L'accusa è: minaccia grave, aggravata dall’inoltro della stessa con scritto anonimo e dall’aver commesso il fatto con finalità di terrorismo.
Il fatto risale a qualche tempo fa quando Bruno D'Alfonso, abruzzese di Penne, ex carabiniere in pensione, figlio dell’appuntato Giovanni D’Alfonso, vittima del terrorismo - caduto il 5 giugno 1975 ad Arzello di Melazzo (Alessandria) a seguito di un conflitto a fuoco con appartenenti alle Brigate Rosse (circostanza in cui morì anche Margherita Cagol, moglie di Renato Curcio) - presentòa maggio un esposto alla Digos di Pescara in cui spiegava di aver ricevuto la mail anonima. Nell'esposto inoltre segnalava l’esibizione, avvenuta anche in un locale di Pescara il 25 aprile scorso, del gruppo musicale denominato “P38 La Gang” i cui componenti sono stati recentemente perquisiti dalla Procura della Repubblica di Torino per istigazione ed apologia di reato, inneggiando il loro testi alle gesta delle Brigate Rosse.
La polizia della Digos di Pescara, insieme ai colleghi del Centro operativo per la Sicurezza cibernetica della Polizia postale per l’Abruzzo, è riuscita a risalire all’utilizzatore del profilo Instagram da cui era partita la minaccia, risalendo così al giovane friulano. La perquiszione è scattata il 1 dicembre su provvedimento della procura distrettuale dell’Aquila. Gli agenti delle Digos di Pescara, Udine e Trieste e del Centro operativo per la sicurezza cibernetica della polizia postale per il Friuli Venezia Giulia, hanno così passato al al setaccio alcune abitazioni, in uso all’indagato a Trieste e a Udine.
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