PESCARA
«Nessuna violenza alla paziente»: dentista risarcito dopo 12 anni
Il professionista venne condannato in primo grado dopo le accuse lanciate da una 16nne. Assolto in appello, il giudice civile ha ora riconosciuto il danno: «La responsabilità è dei genitori»
PESCARA. Un incubo durato ben dodici anni quello dal quale è uscito un dentista pescarese, accusato, nel 2008, di aver palpeggiato una sua paziente che all'epoca aveva 16 anni, durante una seduta nel suo studio professionale (a Pescara e a Pratola Peligna). Un'accusa infamante che ha danneggiato la sua immagine di dentista, ma che avrebbe potuto provocare anche un vero e proprio disastro familiare con la moglie e con le sue due figlie che avevano la stessa età della ragazza che lo denunciò, ma che sono sempre rimaste vicine al protagonista di questa incredibile vicenda giudiziaria.
LA CONDANNA Una storia che oggi è diventata soltanto un brutto ricordo per il professionista seguito daggli avvocati Dante Angiolelli e Fabio Di Paolo . Ma ci sono voluti due gradi di giudizio penale e una causa civile per restituire giustizia a quel dentista che era caduto nello sconforto già dopo il rinvio a giudizio. Ma il peggio arrivò, a distanza di sei lunghi anni dai fatti, con la sentenza del 2014 di condanna in primo grado a un anno e due mesi e all'interdizione per cinque mesi dalla professione.
L’ASSOLUZIONE Poi, nel 2015 l'assoluzione «perché il fatto non sussiste» da parte dei giudici della Corte d'appello dell'Aquila, che hanno capovolto quel terribile verdetto, e infine la decisione del giudice civile, sollecitato dallo stesso dentista, che ha riconosciuto il danno subito e condannato genitori e figlia al pagamento di 27mila euro per il solo danno biologico.
Ma sia nella sentenza assolutoria dell'appello sia nella decisione del giudice civile (del primo agosto scorso), è stata sancita l'inattendibilità della ragazza con motivazioni esplicitate in maniera puntuale (tutto sarebbe peraltro avvenuto alla presenza della collaboratrice del dentista che diede una versione opposta a quella della ragazza), ma soprattutto è stato riconosciuto un principio molto importante: la responsabilità dei genitori della ragazza in relazione alle dichiarazioni calunniose e diffamatorie della 16enne.
GENITORI RESPONSABILI «Va pertanto affermata», scrive il giudice civile in sentenza, «la responsabilità dei genitori per "culpa in educando" relativamente al fatto illecito accertato a carico della figlia, minorenne all'epoca dei fatti».
Genitori che non erano presenti nello studio dove la ragazza era seguita dal professionista fin dall'età di 3 anni e dove si recava ormai da sola. «Alla luce dell'istruttoria svolta anche in questa sede», prosegue il giudice, «è da escludere che i genitori fossero ignari dei contrasti insorti tra la figlia e i professionisti che l'avevano in cura» - c'era anche una dottoressa che regolarmente controllava l'andamento dell'impianto applicato dal collega - «e che non fossero consapevoli della ritrosia della figlia a osservare le prescrizioni impostele, senza che ammonimenti alla ragazza e raccomandazioni ai genitori avessero tuttavia sortito alcun effetto, tanto che nell'autunno del 2008 si stava procedendo alla terza sostituzione dell'impianto precedentemente danneggiato».
IL PIERCING AL LABBRO La causa di questi problemi tecnici era un piercing al labbro che infiammava l'osso e che il dentista le aveva detto di togliere, provocando l'irritazione della sedicenne. Ma il giudice è andato anche oltre affermando che, «sebbene non sia possibile affermare con certezza il motivo per il quale la ragazza decise di addossare falsamente al suo dentista il grave reato di violenza sessuale, non essendo stato del tutto chiarito se ciò avvenne solo per estrema immaturità e avventatezza, o anche per finalità propriamente ritorsive legate ai rimproveri ricevuti o magari ad altre cause, non può comunque escludersi, alla luce delle valutazioni che precedono, che la giovane donna avesse orientato le proprie azioni e i successivi comportamenti in modo da restare coerente con la propria originaria versione che, magari inventata per noia, per debolezza d'animo o per la fragilità di un momento, non si prestava, per la gravità delle conseguenze che ne sarebbero in ogni caso derivate, a essere agevolmente ritrattata, bastando in proposito considerare che la denuncia fu presentata il giorno stesso in cui si svolsero i fatti».
STOP CAUSE «Ho deciso», ha detto il dentista, «di fermarmi qui e di non chiedere un ristoro più adeguato, anche se ho vissuto anni molto difficili nella professione e nella famiglia, perché concordo con l'importante principio sancito dal giudice sulla responsabilità anche dei genitori».
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