L'INIZIATIVA
Paola e la battaglia contro la Sla: non condannateci alla solitudine / VIDEO
Questa sera al Circus con ’Nduccio e Olivieri per i fondi destinati all’acquisto di un pulmino. Mastrangelo, giornalista e docente di inglese, racconta come la malattia le ha cambiato la vita
Buongiorno a tutti e di essere qui in tanti. Un ringraziamento all'Ordine dei Giornalisti d' Abruzzo, in particolare al presidente Stefano Pallotta, che ha voluto farmi l'onore di patrocinare questo evento benefico.
Ringrazio gli altri due partner della manifestazione:innanzi tutto la Misericordia d- Pescara che ci ospita e in particolare il governatore Berardino Fiorilli per il suo aiuto concreto e l'impegno profuso nell'organizzare insieme ai suoi volontari.
CONSLANCIO. Ringrazio l'associazione Conslancio che raggruppa tutti i malati di Sla dell'Italia e le loro famiglie, e in particolare il presidente Andrea Zicchieri, anche lui malato di Sla, che sarà presente alla serata per illustrare le attività dell'associazione. Ringrazio l'amico e collega Umberto Braccili, che ha accettato con entusiasmo di condurre la serata e a cui sono legata da affetto e stima.
Ho lasciato per ultimi ’Nduccio e Vincenzo Olivieri, che sono gli attori principali e l'anima della serata. Senza la loro adesione affettuosa e commovente, non sarebbe stato possibile un evento di tale portata. Grazie Germano e Vincenzo, campioni non solo della "risata", ma anche di professionalità e generosità.
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Ringrazio l'amico Ermanno Ricci, compagno di tante esperienze televisive, che è stato la mia voce, le mie gambe e le mie mani nell'organizzazione della serata assieme al grande Roberto Falone.
MALATA DA 4 ANNI. Ringrazio la mia famiglia che mi assiste con amore, in modo particolare mia sorella Giovanna e mio fratello Alberto. Sono malata di Sclerosi laterale amiotrofica(sla) da quattro anni, una malattia devastante e non più tanto rara, visto l'aumento costante dei casi in Italia e nel mondo.
Voglio sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni alle complesse problematiche che la malattia comporta, sia per i ma lati sia per le loro famiglie in termini economici e di assistenza.
Io stessa, prima della diagnosi, la conoscevo solo attraverso le notizie della malattia di Stefano Borgonovo e di altri giocatori famosi, la campagna virale delle secchiate d'acqua gelata - Ice busket challange- per raccogliere fondi per la ricerca e l'unica esperienza diretta che avevo era quella di un medico malato di Sla che viveva nel palazzo dei miei genitori.
Ma non immaginavo minimamente il calvario che mi aspettava. Ogni caso di Sla ha un percorso diverso e la diagnosi è difficile: non avviene di solito prima di un anno dai primi sintomi, come è successo a me.
Ho avuto la sventura di aver contratto la forma più aggressiva, quella bulbare, e nel giro di pochi mesi ho perso la facoltà di parlare e di deglutire.
SACRIFICI DISTRUTTI. Ciò ha comportato lo stravolgimento della mia vita e delle attività lavorative, quella di professoressa d'inglese nelle scuole superiori e di giornalista televisiva.
La Sla ha distrutto anni di sacrifici, studio e speranze all'improvviso e ha provocato una sorte di selezione naturale delle mie amicizie, svelando l'ipocrisia delle mie relazioni umane. Questa malattia spaventa. Eppure i primi due anni, a parte la parola divenuta incomprensibile, all'apparenza ero come prima: camminavo, facevo passeggiate, guidavo e viaggiavo, anche e soprattutto per fare visite mediche a Roma e a Milano.
Poi, come sempre accade nel decorso della malattia, poco a poco i motoneuroni si spengono rendendo impossibili anche i più insignificanti movimenti volontari, come portare un bicchiere alla bocca, abbottonarsi una camicia, pettinarsi o tenere un cellulare tra le mani.
INCHIODATI AL LETTO. Nel giro di pochi anni o mesi - ogni caso è a sé stante- ci si ritrova in carrozzina e poi inchiodati ad un letto per disabili, completamente dipendenti da familiari e assistenti e da una schiera di macchine che ci permettono di respirare e farci aspirare catarro e saliva che ostruiscono la gola.
Negli stadi successivi della malattia, ci fanno un buco nello stomaco (Peg) per alimentarci e somministrare liquidi e farmaci, poi un buco nella trachea (tracheostomia) per la respirazione meccanica e comunichiamo solo attraverso gli occhi e il prezioso puntatore oculare, almeno i fortunati che riescono a usarlo.
Questo significa che un malato di Sla necessita di un'assistenza H 24 onerosa, in termini sia economici sia di dispendio psicofisico.
ESBORSO ECONOMICO. Anche se siamo tra i fortunati che possono godere della cura affettuosa dei familiari- come me- per un'assistenza giornaliera adeguata servono almeno due o tre assistenti o "badanti”, comunemente dette e questo comporta un esborso economico non indifferente.
Molto spesso mariti, mogli, fratelli e sorelle dei malati -nel mio caso mia sorella Giovanna - sono costretti a lasciare il loro lavoro o prendere un'aspettativa temporanea per badare ai loro cari, senza che lo Stato riconosca ancora ai Caregivers di noi pazienti gravi o gravissimi un aiuto economico. La maggioranza di noi malati usufruisce dell'Adi (Assistenza domiciliare integrata), una sorta di ospedalizzazione a casa propria.
Questo è indubbiamente un vantaggio per noi malati perché abbiamo i terapisti, gli infermieri e tutti gli operatori sanitari necessari a fornirci cure specifiche per a nostra malattia. Peccato che i Lea (Livelli di assistenza essenziale) non sono uguali per tutti i malati di Sla in Italia e cambino, a seconda delle Regioni, i servizi e i farmaci erogati a carico delle Asl territoriali senza contare i farraginosi e estenuanti iter burocratici quotidiani necessari per richiedere o rinnovare prestazioni e terapie.
L'assegno di cura previsto per i malati di Sla in Italia è solo una goccia nel mare delle spese che ogni malato deve sostenere e in alcune regioni come l’Abruzzo viene erogato con il contagocce, costringendo le famiglie a sacrifici economici indicibili.
NESSUNA UMANITÀ. Non posso non menzionare il fatto che molti malati- come succede anche a me - vivono agli arresti domiciliari per colpa di condòmini senza sensibilità e umanità che si oppongono all'abbattimento delle barriere architettoniche presenti nel palazzo, pretendendo che il disabile lo faccia a spese proprie.
La Sla, dunque, sembra essere una malattia per ricchi. Faccio un appello a tutti: non condannateci alla solitudine e all'isolamento più di quanto faccia la malattia stessa. Ho voluto organizzare questa manifestazione mettendoci la faccia, superando la vergogna per il mio aspetto attuale, per dimostrare che la Sla può immobilizzare i nostri muscoli, ma non il nostro cervello e la nostra voglia di vivere.
Lo slogan di questa serata sarà: “Uniti conslancio e col sorriso si vince ".
Buona vita a tutti ! !!
*giornalista e docente
di lingua inglese
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