PescaraPorto, inchiesta chiusa: chiesto il processo per D'Alfonso e Milia
Abuso d'ufficio e falso in atto pubblico per l'ex governatore e l'avvocato. Nei guai anche il dirigente del Comune Guido Dezio, il dirigente del Genio civile Vittorio Di Biase e l'ex segretario Claudio Ruffini
PESCARA. Richiesta di rinvio a giudizio, firmata dal procuratore capo di Pescara, Massimiliano Serpi, e dal procuratore aggiunto Anna Rita Mantini, per i cinque indagati nell'inchiesta relativa al caso PescaraPorto, che ruota attorno alla realizzazione del complesso edilizio sul lungomare sud, accanto all'ex Cofa. Le ipotesi di reato sono abuso d'ufficio e falso in atto pubblico. La richiesta di rinvio a giudizio riguarda l'ex presidente della giunta regionale d'Abruzzo Luciano D'Alfonso, l'ex segretario dell'ufficio di Presidenza del governatore Claudio Ruffini, l'avvocato Giuliano Milia, anche il dirigente del Comune di Pescara Guido Dezio e il dirigente del Genio civile Vittorio Di Biase.
Al centro della vicenda la variazione della destinazione d'uso, da uffici e alberghi a residenze, di due dei tre edifici che avrebbero dovuto essere costruiti dalla società PescaraPorto, intestata alle società Viana, di cui sono azionisti i costruttori Andrea e Luca Mammarella, e Uropa, di cui sono soci Ugo, Roberto e Paola Milia, figli di Giuliano Milia, legale di fiducia dello stesso D'Alfonso.
Il Genio civile, secondo la Procura, avrebbe prima evidenziato la «situazione di potenziale pericolo» nell'area interessata dall'intervento edilizio, chiedendo a Comune e Autorità di bacino «di verificare regolarità e compatibilità idraulica delle attività» e poi avrebbe dato parere favorevole, con un documento sottoscritto da Di Biase, ma non dall'altro dirigente del Genio civile che si rifiutò di firmare. Alla base del mutato orientamento dell'ente, a giudizio dell'accusa, vi sarebbero le pressioni esercitate indirettamente da Di Biase, che avrebbe redatto il parere favorevole sulla falsariga di una minuta scritta da Milia.