«Giustizia per gli accoltellati»
Lettera-appello con 60 firme di amici e familiari
TERAMO. Sessanta firme per chiedere giustizia. Tante sono quelle sulla lettera appello inviata al Centro da amici e conoscenti dei tre giovani studenti teramani accoltellati a dicembre all'esterno di un locale di Villa Pavone. A sette mesi da quell'episodio in procura resta aperto il fascicolo con il nome di sei indagati.
Tra questi ci sono anche i tre feriti. Il sostituto procuratore Davide Rosati, titolare del caso, procede non solo per lesioni e porto abusivo di arma, ma anche per rissa. «Amici e conoscenti», si legge nella lettera, «domandano alle istituzioni chiarimenti in ordine al silenzio mantenuto all'indomani della brutale aggressione subita dai propri figli da almeno dieci giovani. Silenzio che è in contrasto con le dure dichiarazioni rilasciate il giorno seguente gli atti vandalici compiuti alle postazioni del bike-sharing nei confronti degli autori del deprecabile gesto e con quelle sullo scontro all'esterno del Cafè Boromesi. Episodi che non giustifichiamo, ma la posizione parziale come quella adottata dalle istituzioni non può che creare pericolosi malumori e rancori tra gruppi di ragazzi che invece andrebbero indirizzati a dialogo e tolleranza».
E non solo. «Sembra quasi», prosegue la lettera, «che chi si è reso colpevole di atti delittuosi goda, oltre che di una lenta giustizia che non adotta provvedimenti, anche del silenzio accondiscendente di chi è stato chiamato a garantire il rispetto non solo dei doveri ma anche dei diritti di tutti i cittadini».
Secondo la ricostruzione fornita all'epoca dalle forze dell'ordine si sarebbe trattato di un'aggressione di matrice politica: una vendetta di alcuni giovani di destra contro altri di sinistra. A questo proposito nella lettera si legge: «E' scaturita la falsa rappresentazione di una lotta tra opposte fazioni politiche culminata venerdì 18 giugno, giornata in cui un ampio spiegamento delle forze dell'ordine è stato costretto a presidiare due piazze». La lettera si conclude con un appello. «L'esigenza di chiarimenti nasce dalla necessità di fugare il dubbio che si possa avere più a cuore le sorti delle bici che la vita delle persone».
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