Gli ultrà arrestati non rispondono al gip
Assalto al blindato, in quattro chiedono di lasciare i domiciliari per tornare a lavorare
TERAMO. Non hanno risposto alle domande del giudice. I cinque ultrà teramani agli arresti domiciliari per gli scontri politici avvenuti ad ottobre a Roma, ieri pomeriggio sono stati interrogati per rogatoria dal gip Marina Tommolini: tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. E mentre i cinque sfilavano in aula, fuori c'erano circa trenta giovani che con la loro presenza hanno voluto manifestare solidarietà agli arrestati.
I legali dei cinque - gli avvocati Filippo Torretta e Nello Di Sabatino - hanno avanzato richiesta per consentire ai quattro assistiti che hanno un'occupazione di recarsi al lavoro. Un'istanza che sarà girata al gip di Roma competente a cui andrà anche l'esito dell'interrogatorio di ieri. I legali attendono di acquisire altre elementi prima di presentare ricorso al Riesame. All'alba di venerdì sono finiti agli arresti domiciliari Davide Rosci, leader del gruppo Azione Antifascita, nonchè ultrà del Teramo, e primo dei non eletti di Rifondazione alle ultime comunali di Teramo; Mauro Gentile, teramano, e tre giovani di Mosciano che le forze dell'ordine hanno qualificato come ultrà della squadra di calcio del loro paese: si tratta di Mirco Tomassetti, Marco Moscardelli e Christian Quatraccioni.
I cinque teramani sono entrati nell'infornata dei provvedimenti cautelari e perquisizioni che ha coinvolto 13 persone in tutta Italia da Padova a Cosenza con sette arresti e sei obblighi di firma. A quattro dei teramani viene contestato di aver partecipato ad uno degli episodi più gravi della giornata degli scontri del 15 ottobre, ovvero l'assalto al blindato dei carabinieri in piazza San Giovanni. Per loro accuse di resistenza pluriaggravata, devastazione e saccheggio: accuse che, se confermate in un eventuale processo, causerebbero condanne a oltre 15 anni.
Un'accusa a cui potrebbe aggiungersi anche quella di tentato omicidio. Nell'ordinanza, infatti, il gip di Roma Riccardo Amoroso, descrivendo l'assalto al blindato, sottolinea come ad un certo punto esso si sia trasformato in aggressione fisica al carabiniere che lo guidava. Il militare è stato prima colpito da dietro con un palo e poi costretto ad abbandonare il mezzo dato alle fiamme e a darsi alla fuga sotto una fitta sassaiola, riportando diverse lesioni.
In questo contesto sarebbero stati identificati Rosci, Gentile, Moscardelli, Tomassetti e Quatraccioni. Anche se travisati, sarebbero stati incastrati dai vestiti che indossavano. Gli stessi vestiti filmati dalle forze dell'ordine di Teramo, che quel giorno hanno immortalato la partenza del pullman diretto alla "Giornata dell'indignazione". Rosci, Moscardelli e Tomassetti sono fotografati mentre si accalcano intorno blindato; Gentile è ripreso mentre scaglia diversi sassi contro il carabiniere che abbandona il blindato e fugge. Quanto a Quatraccioni, scaglia sassi contro un altro blindato e le forze dell'ordine.
Il secondo capo d'imputazione, il più grave, viene addebitato a tutti i 22 giovani per i quali il pm ha chiesto la misura cautelare. E' devastazione e saccheggio: un reato punito con la reclusione da 8 a 15 anni (la resistenza prevede da 6 mesi a 5 anni). Nell'imputazione il gip scrive di reati commessi «in concorso con altre centinaia di soggetti tutti contemporaneamente presenti lungo il tragitto via Cavour-via Labicana-via Merulana-piazza San Giovanni, tutti cospiranti verso il medesimo complessivo risultato di pregiudizio all'incolumità pubblica». Cita una serie di fatti di devastazione e saccheggio per i quali sono stati identificati dei giovani che non sono i teramani.
I legali dei cinque - gli avvocati Filippo Torretta e Nello Di Sabatino - hanno avanzato richiesta per consentire ai quattro assistiti che hanno un'occupazione di recarsi al lavoro. Un'istanza che sarà girata al gip di Roma competente a cui andrà anche l'esito dell'interrogatorio di ieri. I legali attendono di acquisire altre elementi prima di presentare ricorso al Riesame. All'alba di venerdì sono finiti agli arresti domiciliari Davide Rosci, leader del gruppo Azione Antifascita, nonchè ultrà del Teramo, e primo dei non eletti di Rifondazione alle ultime comunali di Teramo; Mauro Gentile, teramano, e tre giovani di Mosciano che le forze dell'ordine hanno qualificato come ultrà della squadra di calcio del loro paese: si tratta di Mirco Tomassetti, Marco Moscardelli e Christian Quatraccioni.
I cinque teramani sono entrati nell'infornata dei provvedimenti cautelari e perquisizioni che ha coinvolto 13 persone in tutta Italia da Padova a Cosenza con sette arresti e sei obblighi di firma. A quattro dei teramani viene contestato di aver partecipato ad uno degli episodi più gravi della giornata degli scontri del 15 ottobre, ovvero l'assalto al blindato dei carabinieri in piazza San Giovanni. Per loro accuse di resistenza pluriaggravata, devastazione e saccheggio: accuse che, se confermate in un eventuale processo, causerebbero condanne a oltre 15 anni.
Un'accusa a cui potrebbe aggiungersi anche quella di tentato omicidio. Nell'ordinanza, infatti, il gip di Roma Riccardo Amoroso, descrivendo l'assalto al blindato, sottolinea come ad un certo punto esso si sia trasformato in aggressione fisica al carabiniere che lo guidava. Il militare è stato prima colpito da dietro con un palo e poi costretto ad abbandonare il mezzo dato alle fiamme e a darsi alla fuga sotto una fitta sassaiola, riportando diverse lesioni.
In questo contesto sarebbero stati identificati Rosci, Gentile, Moscardelli, Tomassetti e Quatraccioni. Anche se travisati, sarebbero stati incastrati dai vestiti che indossavano. Gli stessi vestiti filmati dalle forze dell'ordine di Teramo, che quel giorno hanno immortalato la partenza del pullman diretto alla "Giornata dell'indignazione". Rosci, Moscardelli e Tomassetti sono fotografati mentre si accalcano intorno blindato; Gentile è ripreso mentre scaglia diversi sassi contro il carabiniere che abbandona il blindato e fugge. Quanto a Quatraccioni, scaglia sassi contro un altro blindato e le forze dell'ordine.
Il secondo capo d'imputazione, il più grave, viene addebitato a tutti i 22 giovani per i quali il pm ha chiesto la misura cautelare. E' devastazione e saccheggio: un reato punito con la reclusione da 8 a 15 anni (la resistenza prevede da 6 mesi a 5 anni). Nell'imputazione il gip scrive di reati commessi «in concorso con altre centinaia di soggetti tutti contemporaneamente presenti lungo il tragitto via Cavour-via Labicana-via Merulana-piazza San Giovanni, tutti cospiranti verso il medesimo complessivo risultato di pregiudizio all'incolumità pubblica». Cita una serie di fatti di devastazione e saccheggio per i quali sono stati identificati dei giovani che non sono i teramani.
© RIPRODUZIONE RISERVATA