Roppopò, il cantastorie che narra l'Abruzzo"Suono per divertire" / Le foto - Il video

Tecnicamente si chiama organetto diatonico, ma è "Ddu bott'" il nome con cui tutti lo conoscono e che meglio lo rappresenta. Uno strumento che racconta la storia della regione

Era lo strumento dei pastori e dei contadini. Per rendere più leggere le loro ore sui campi, a orecchio provavano a produrre piccole composizioni. In modo semplice, divertendosi anche a canticchiare. Uno strumento che da generazioni scandisce la vita degli abruzzesi.

Tecnicamente si chiama organetto diatonico, ma è "Ddu bott'" il nome con cui tutti lo conoscono e che meglio lo rappresenta. Uno strumento che racconta la storia d'Abruzzo e che in qualche modo ha contribuito a scriverla. Sono tanti i musicisti che sono riusciti a varcare i confini anche nazionali attraverso le musiche che riesce a emettere. Tra questi "Roppoppò", un cantastorie come ama definirsi. Anche nel suo caso il nome con cui è diventato noto è più semplice di quello di battesimo. Un nome orecchiabile, riconoscibile, divertente. Era l'appellativo con cui lo salutavano gli spettatori delle sue serate quando non era ancora conosciuto. Una voce e un sorriso diventati famigliare soprattutto per anziani e bambini. Sono infatti loro i più appassionati al genere che propone e che riempiono da anni le piazze in cui si esibisce.

Franco Palumbo, questo il suo vero nome, è nato a Penna Sant'Andrea, il paese che da quasi un secolo è la patria del Laccio d'amore, caratteristico ballo folk di gruppo. «Non ho mai studiato questo strumento», racconta Roppoppò, «ma quando ero piccolo ricordo che il gruppo folk del Laccio d'amore aveva bisogno di qualcuno che sapesse suonare e in paese non c'era nessuno. Fu chiamato il maestro Fanciullo Rapagnetta per quel ruolo, ma anche per tenere delle lezioni. Ne presi davvero poche, poi mi sono allenato da solo. In compagnia di un vicino di casa che mi faceva ascoltare e provare a eseguire le musiche attraverso una cassetta. Il nastro andava avanti e indietro finché non riuscivo a riprodurre il suono in modo perfetto. Ho imparato così».

Aneddoti, incontri, passione e soprattutto semplicità. La parola chiave dei musicisti di ddu botte. «Facciamo musica per divertire» spiega Palumbo «per raccontare momenti di vita, d'amore, di rapporti umani. In una parola delle storie. Molte le ho scritte io, molte altre le ho rispolverate dalla tradizione o dalla collaborazione con grandi scrittori locali. Tra questi il bisentino Michele Notturno. Alcune sue poesie, tipo "A Fonte Vetica" sono diventate canzoni molto amate». Roppoppò in poco tempo è riuscito a creare il suo pubblico, a Penna Sant'Andrea, in occasione di una festa di paese, poco dopo l'uscita del suo primo cd, ci fu il pienone per ascoltarlo dal vivo. «Un momento che non dimenticherò mai», racconta. «C'erano i miei compaesani, ma non solo e da lì lo stimolo di continuare è stato forte. Oggi ho pubblicato cinque album molto apprezzati anche all'estero. Il brano il cui ritornello fa proprio "roppoppò" è stato tradotto in olandese ed è stata colonna sonora di un festival. Ora sto lavorando a un nuovo cd».

A riempire le piazze abruzzesi a suon di questo strumento è anche il gruppo di Aldorino Graziani, storico suonatore e maestro di ddu bott di Scafa, che tutt'oggi, all'età di 78 anni, lo insegna a ragazzi e a adulti. «In questo periodo», racconta «sto insegnando a suonare a delle insegnanti in pensione che finalmente hanno tempo da dedicare a questa arte».

Aldorino ha amato questa musica sin da bambino, aveva 13 anni quando da autodidatta iniziò a strimpellare motivi orecchiabili. Una passione che non ha mai abbandonato, e ha atteso di andare in pensione per dedicarsi completamente alla musica. Tanti i bambini che hanno appreso le prime nozioni musicali con lui, gli stessi che poi hanno partecipato a dei concorsi e si sono fatti notare vincendo dei premi. Ce ne sono molti in Abruzzo di festival dedicati a questo strumento. Tra questi è famoso quello di Basciano, in provincia di Teramo, che esiste da 44 edizioni e che si svolge a metà agosto. Manifestazioni che, seppur sottoforma di gara, contribuiscono a mantenere viva la tradizione musicale e canora regionale. Oltre a insegnare, Aldorino riempie le piazze con un gruppo che quando è al completo raggiunge 50 elementi. «Tra pochi giorni», spiega «andrò in Sardegna a far sentire la nostra musica e portare un pezzo del nostro Abruzzo. Io e il mio gruppo facciamo quello che più amiamo: suonare la tradizione».

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