Così quell’uomo ha ucciso un sogno
Orietta e il suo fidanzato si sarebbero sposati a luglio in Albania. Ecco la storia di una donna perseguitata per anni
SAN GREGORIO. Quei due colpi di pistola sparati vigliaccamente alla nuca di Orietta e Shpetin hanno troncato un sogno. A luglio i due sarebbero tornati in Albania per sposarsi e poi immaginavano una vita certamente dura, ma felice, in Italia in quella casa di San Gregorio che da un anno e mezzo era diventato il loro nido d’amore. Quando entriamo nell’abitazione che è stata di Orietta ci sono l’anziana madre, che ha assistito al delitto, e la figlia, una ragazza che fra 4 mesi compirà 18 anni e assomiglia alla mamma come una goccia d’acqua. La sala e la cucina sono linde e ordinate. Mi offrono un caffè mentre aspettiamo i fratelli della donna, trucidata in un pomeriggio d’inverno, davanti a un supermercato. La storia di Orietta è quella di una ragazza costretta per anni a subire le violenze fisiche e psicologiche di un uomo più grande di lei di 12 anni. Bruno, che oggi è un assassino, era già in Italia e lavorava in una ditta edile di Roio Poggio. Il suo datore di lavoro gli aveva messo a disposizione un alloggio e allora aveva deciso di prendere moglie. I due sposi non si conoscevano. Fu un matrimonio combinato fra le famiglie come usava anche da noi fino a una cinquantina di anni fa. Nasce la prima figlia e poi altri tre. Le difficoltà economiche sono tante ma Orietta non si perde d’animo e cerca anche lei un lavoro. Ma il marito padrone non vuole: stai a casa e alleva i figli, le dice. La ragazza si piega, vede crescere i suoi bambini che sono la gioia dei suoi occhi. Quando vanno alla scuola materna paga la retta dando una mano all’asilo: lei non si tira mai indietro e continua a credere che l’unione della famiglia vada salvata. Ma se lei non può uscire senza il permesso del “capo branco” lui si permette di tutto. La tradisce in continuazione. La moglie cerca di fargli capire che così calpesta la sua dignità e lui per tutta risposta la travolge di brutte parole e, spesso, anche di botte. I fratelli raccontano i tormenti di una donna che vive in un incubo ma che continua a combattere, a non arrendersi. Bruno nel 2002 apre una sua ditta lungo la Mausonia. Lui dopo qualche tempo, con i rapporti già deteriorati, impone alla moglie di lasciare un piccolo lavoro che aveva trovato all’Aquila. È una scusa per tenerla sotto controllo. Le chiede di fargli la contabilità e capita pure che l’uomo, impegnato in un cantiere, la chiami per farsi portare il materiale. Lei non esita, salta sul furgone e va dove le viene richiesto. Bruno invece di dirle grazie continua con le offese e con le botte. A un certo punto come gesto di sfida è lui a chiedere il divorzio. Ma in realtà non ha nessuna intenzione di rinunciare a quella moglie ormai schiava. Le pratiche per la separazione vanno avanti. Il marito padrone continua con le minacce e più volte butta lì una frase tragicamente profetica: stai attenta a ciò che fai, ti ammazzo. Un anno e mezzo fa Orietta conosce un ragazzo albanese e vede una luce in fondo al tunnel della sua vita. Oggi la figlia, quasi 18enne, ricorda la mamma e il suo fidanzato: erano innamoratissimi, lui – e qui le vengono le lacrime agli occhi – era un ragazzo buono, premuroso con noi. Ci voleva bene e la mamma la vedevo felice. Sheptin aveva lavorato in un corpo speciale dell’esercito albanese. Non si sarebbe fatto spaventare dall’ex marito di Orietta. E lei ormai non usciva mai senza di lui, sapeva che Bruno Kapplani la seguiva, ne spiava le mosse, a volte si faceva vedere un attimo e poi spariva. Orietta già sognava il matrimonio e sperava che quello che oggi è un assassino l’avrebbe finalmente lasciata in pace. E invece arriva l’ultima vigliaccata di un uomo che aveva programmato tutto, fin nei dettagli. Qualche settimana fa Orietta e il fidanzato avevano chiesto all’uomo un incontro, per chiarire la situazione e forse comunicargli che presto si sarebbero sposati. Bruno Kapplani aveva detto sì all’incontro ma al momento fissato non si era fatto vedere. L’omicida era cosciente che sarebbe uscito perdente da un faccia a faccia con il fidanzato di Orietta. E questo spiega le modalità dell’omicidio. La mamma della vittima racconta quei terribili momenti: lei era seduta dietro, Orietta stava per mettere in moto e parlava con Sheptin di cosa avrebbero preparato per cena (Orietta, dice la figlia, era un’ottima cuoca). Bruno è arrivato come una furia, ha spaccato il vetro della macchina e ha sparato alla testa dell’ex moglie. Poi è passato davanti all’auto e ha freddato alla nuca il fidanzato. Due colpi sparati da dietro, degno dell’uomo vigliacco che era sempre stato nella sua vita. I fratelli parlano con rabbia ma non immaginano vendette. Quello che è stato scritto non è vero, dicono: vogliamo giustizia dalla legge italiana. Non vendetta. Con una parola, come ricordi tua madre? Alla figlia di Orietta si illuminano i due bellissimi occhi: «Unica». E tuo padre? «Non è mai stato un padre». Quell’uomo ha ucciso un sogno senz’avere il coraggio di guardarlo fisso negli occhi. Un vigliacco. Appunto.
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