Perdonanza di tregua: corteo senza proteste
Porta Santa aperta, migliaia di visitatori nel breve giro della basilica chiusa Sassoli (vicepresidente del parlamento europeo): «Lavoriamo sulle tasse»
L’AQUILA. La Porta Santa è aperta. Migliaia di persone la varcheranno in 24 ore. Ma chi perdona chi? Viene da chiederselo, a vedere questo rituale del corteo della Bolla che, proprio mentre tenta di darsi un’accelerata e un’ordinata (tutto in due ore, o giù di lì) vede calare il numero di presenze lungo il percorso. E anche l’applausometro volge al basso, a parte quando si arriva sul sagrato di Collemaggio. Si dice Perdonanza 721, va bene, ma è dagli anni Ottanta che, riveduto e corretto, il serpentone colorato – che nel corso degli anni ha perso per strada gli organetti, i finti cardinali (anche se qualche imitatore in costume lo si trova sempre) e altre amenità – caratterizza la fine dell’estate per gli aquilani. E per (tanti) visitatori che quest’anno apprendono che il tema è l’integrazione. I ragazzi con la pelle scura che ce l’hanno fatta a superare vivi il Mediterraneo, raccolti dietro allo striscione del centro celestiniano con la fiaccola del Morrone, lo stanno a testimoniare. Ma la strada per l’integrazione, in città e fuori, è assai lontana.
MANGANELLI A RIPOSO. Dopo le cariche e il fuggi-fuggi del Renzi-day, il corteo fila liscio come l’olio. Anzi, anche abbastanza velocemente per chi conosce i precedenti. Uno sfilamento a marce forzate che mette a dura prova figuranti, amministratori e ospiti, soprattutto alla luce del gran caldo. Manganelli a riposo, dunque, dopo il movimentato pomeriggio di martedì con il coagularsi di proteste sfociato in scontri, ferimenti e le immancabili polemiche. Tutt’altro clima oggi, quasi un’anestesia generale come mai si era visto negli ultimi anni. Nemmeno uno striscione, un drappo, una protesta, un grido, un fischio. Forse è l’effetto-Perdono. O la stanchezza che affiora qua e là a sei anni dal terremoto.
PERDONI. Stando al tema centrale, il sindaco Massimo Cialente, ad esempio, pare poco disposto a perdonare i dissidenti del centrosinistra che sfilano in coda al corteo e l’altra sera in consiglio comunale gli hanno fatto ballare la rumba tra emendamenti e ostruzionismo sullo sviluppo del Gran Sasso. Ugualmente i dissidenti hanno gli stessi pensieri. Quanto al presidente dell’Ordine degli Architetti Gianlorenzo Conti, che imbraccia il gonfalone del suo ordine professionale fin dai Quattro cantoni, par di capire che, nonostante il tema della giornata, non sia affatto disposto a perdonare al Parco Gran Sasso la storia del bando sulla sentieristica.
L’EUROPA MATRIGNA. All’aquilano di adozione David Sassoli, vicepresidente del parlamento europeo, si chiede, oggi, qui, di trovare il grimaldello per scardinare la porta dell’Europa sul tema tasse, tributi e contributi per scongiurare la restituzione al 100%. Un altro tema sul quale gli aquilani paiono poco disposti a perdonare. «Abbiamo fissato una riunione per definire i contorni giuridici della questione, che va affrontata e risolta insieme al governo», annuncia l’esponente Pd davanti alla Porta Santa. In tanti, stipati dietro alle transenne (con qualche momento di tensione a porta aperta, con scavalcamenti e discussioni animate) non sono disposti a perdonare, ad esempio, chi promise che nel 2015 la basilica sarebbe stata fruibile in maniera parziale. I 14 milioni dell’Eni – 12 per la basilica e 2 per la sistemazione del Parco del Sole – ci sono, ma i lavori sono fermi al palo. E il santo attorno al quale tutta questa giostra è stata messa in piedi continua a essere sfrattato dalla sua chiesa. E quindi, in qualche modo, è un profugo anche lui.
LA CHIESA. L’arcivescovo Giuseppe Petrocchi, laureato in psicologia, sembra aver cominciato a capire gli aquilani. «Ma la protesta deve diventare proposta», ammonisce all’ombra della sua Cattedrale devastata, accanto a lui un solo canonico, don Carmelo Pagano Le Rose. Gli altri aspettano tutti a Collemaggio. Il cardinale Beniamino Stella (accolto dal Gentiluomo di sua santità Giovambattista Santucci), nipote del primo metropolita aquilano Costantino, in mattinata, in forma privata, rende omaggio alle vittime del sisma davanti alla Casa dello studente in via XX Settembre. Poi visita il Duomo e l’Episcopio, prima di salutare le figlie di Celestino, le monache benedettine celestine di San Basilio. Sul palco-altare di Collemaggio, attorno al porporato, i vescovi di Avezzano Pietro Santoro e di Sulmona-Valva Angelo Spina, oltre al nunzio apostolico a Belgrado Orlando Antonini (di Villa Sant’Angelo) che sta per terminare il suo incarico e ha scelto di ritirarsi a vivere in città, dove c’è anche un altro emerito, Giuseppe Molinari. A sera, alle 19,49, lo squillo di tromba annuncia il Giubileo aquilano. La Porta è spalancata. E in un silenzio irreale le campane della Torretta, pilotate a distanza, suonano a distesa. La festa comincia.
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