ROMA
Rigopiano, gli avvocati replicano a Salvini: "La vergogna è la mancata difesa dei giudici"
Lettera del presidente delle Camere penali al ministro dopo il suo commento: «Alla lettura della sentenza, l'aula è stata profanata da una indecente gazzarra di insulti furibondi e di minacce gravissime verso un giudice»
ROMA,. «Mi sbaglierò, ma penso che se un ministro della Repubblica sente di dover pubblicamente denunziare una vergogna, nel suo caso abbia scelto quella sbagliata». Così il presidente dell'Unione delle Camere penali (organizzazione che rappresenta gli avvocati italiani) Giandomenico Caiazza conclude una lunga lettera aperta indirizzata al ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini che ieri ha definito «una vergogna» la sentenza con cui il Tribunale di Pescara ha assolto 25 dei 30 imputati nel processo seguito alla valanga che travolse l'hotel Rigopiano.
Caiazza, che nel processo ha difeso l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo (assolto), sottolinea che «le parole sono pietre. Ma quelle di un uomo pubblico, autorevole ministro della Repubblica, sono macigni». E dunque, «se un ministro ragiona così, pensa tante gente, è così che è legittimo parlare e ragionare».
Per Salvini, dice ancora Caiazza, la «pietra dello scandalo» è nel fatto che gli imputati sono stati quasi tutti assolti. «Dobbiamo dedurne che, maggiore è il numero dei condannati, più saremo rassicurati che giustizia è stata fatta. All'inverso, più cresce il numero degli assolti, più cresce la vergogna». Un'idea «stravagante (ed allarmante)» che «ne presuppone un'altra, davvero spaventosa: e cioè che l'assoluzione dell'imputato sia il naufragio della giustizia, e la condanna il suo trionfo».
Il passo successivo «è che il buon giudice sia colui che fa proprie le idee della pubblica accusa» e che «sta lì non per valutare se l'accusa sia fondata, ma per asseverarla. Pensa questo, ministro? Basta dirlo con chiarezza». Ieri piuttosto, conclude Caiazza, ci si sarebbe dovuti vergognare per un altro episodio. «Alla lettura della sentenza, l'aula è stata profanata da una indecente gazzarra di insulti furibondi e di minacce gravissime verso un giudice della Repubblica, rimasto con dignità e coraggio, in piedi nell'aula, a riceverli. Un giudice che ha pronunziato una sentenza 'in nome del popolo italiano'».