Svuota i libretti di due anziani: dipendente delle Poste a giudizio
Impiegata finisce sotto processo per peculato: contestati cento prelievi per un totale di 84mila euro I pensionati chiedono un maxi risarcimento, le Poste ribattono: il comportamento illecito è personale
POPOLI. Finisce sotto processo per peculato una dipendente delle Poste di Popoli, accusata di aver “ripulito” i conti di una coppia di clienti che conosceva e che si fidava di lei. L’imputata, L.S., è stata rinviata a giudizio dal gup Nicola Colantonio e il prossimo 15 settembre dovrà presentarsi in tribunale dove questa vicenda verrà ripercorsa in tutte le sue fasi per arrivare alla decisione dei giudici.
Una vicenda che si sarebbe protratta nel tempo: il capo di imputazione indica infatti l’inizio del 2014 quale data in cui sarebbero cominciati questi prelievi sul conto della malcapitata coppia di anziani di Popoli, prelievi che sarebbero andati avanti fino a febbraio del 2018. Quindi circa quattro anni per alleggerire il conto dei due di ben 84 mila euro: questa è infatti la cifra che il pm Anna Benigni ha quantificato al termine dell’inchiesta a carico della dipendente delle Poste. Ma come è accaduto tutto questo? Grazie alla conoscenza e alla fiducia che le parti offese riponevano nella dipendente e alla disponibilità mostrata da quest’ultima che conosceva le problematiche legate all’età dei due correntisti e si era prestata per agevolarli: per evitare loro di andare ogni mese alle Poste a prelevare i soldi della pensione, in giorni peraltro che sono sempre affollati proprio per quel tipo di pagamento. Così, con grande soddisfazione delle incolpevoli parti offese, l’imputata si disse disponibile a prelevare ogni mese il rateo della pensione che poi lei stessa provvedeva, puntualmente, a consegnare alla coppia presso la loro abitazione. Una comodità non di poco conto per gli anziani. Solo che, ogni mese, l’imputata non si limitava a prelevare la pensione del mese in corso, ma prendeva di più e la differenza l’intascava lei: almeno è questa l’ipotesi di reato. I conti erano due: uno intestato alla coppia e uno soltanto alla donna. E infatti, dalle indagini risulta che sarebbero stati prelevati 66mila euro dal libretto intestato alla sola donna, e 17mila euro da quello intestato ad entrambi i clienti. In tutto l’imputata avrebbe effettuato, come ricostruito dalle Poste e dall’inchiesta, ben 100 prelievi nell’arco dei quattro anni. Il tutto sarebbe stato scoperto alla morte di uno dei due anziani, quando la vedova si recò alle Poste per verificare la situazione dei due conti e fece la triste scoperta.
La coppia parte offesa (attraverso l’avvocato Sergio Della Rocca), si è costituita parte civile chiedendo un risarcimento di 100mila euro alle Poste. E quest’ultima, chiamata in causa come responsabili civile dalle parti offese, a sua volta si è costituita parte civile nei confronti della dipendente, destinataria nel frattempo di una lettera di licenziamento. Poste Italiane sostengono, in sintesi, di essere venute a conoscenza dei comportamenti illeciti della dipendente dopo le indagini della magistratura e di aver quindi provveduto a licenziarla (non si sa se il provvedimento sia stato o meno opposto dall'imputata). Un modo per parare l'eventuale colpo del risarcimento del danno chiesto dalle parti offese. «Non pare quindi attribuibile a Poste Italiane», scrive l’istituto nella memoria del responsabile civile, «alcuna responsabilità in quanto l’evento lamentato dalle parti offese è costituito da comportamenti illeciti posti in essere dalla dipendente in totale autonomia». La parola al tribunale.
Una vicenda che si sarebbe protratta nel tempo: il capo di imputazione indica infatti l’inizio del 2014 quale data in cui sarebbero cominciati questi prelievi sul conto della malcapitata coppia di anziani di Popoli, prelievi che sarebbero andati avanti fino a febbraio del 2018. Quindi circa quattro anni per alleggerire il conto dei due di ben 84 mila euro: questa è infatti la cifra che il pm Anna Benigni ha quantificato al termine dell’inchiesta a carico della dipendente delle Poste. Ma come è accaduto tutto questo? Grazie alla conoscenza e alla fiducia che le parti offese riponevano nella dipendente e alla disponibilità mostrata da quest’ultima che conosceva le problematiche legate all’età dei due correntisti e si era prestata per agevolarli: per evitare loro di andare ogni mese alle Poste a prelevare i soldi della pensione, in giorni peraltro che sono sempre affollati proprio per quel tipo di pagamento. Così, con grande soddisfazione delle incolpevoli parti offese, l’imputata si disse disponibile a prelevare ogni mese il rateo della pensione che poi lei stessa provvedeva, puntualmente, a consegnare alla coppia presso la loro abitazione. Una comodità non di poco conto per gli anziani. Solo che, ogni mese, l’imputata non si limitava a prelevare la pensione del mese in corso, ma prendeva di più e la differenza l’intascava lei: almeno è questa l’ipotesi di reato. I conti erano due: uno intestato alla coppia e uno soltanto alla donna. E infatti, dalle indagini risulta che sarebbero stati prelevati 66mila euro dal libretto intestato alla sola donna, e 17mila euro da quello intestato ad entrambi i clienti. In tutto l’imputata avrebbe effettuato, come ricostruito dalle Poste e dall’inchiesta, ben 100 prelievi nell’arco dei quattro anni. Il tutto sarebbe stato scoperto alla morte di uno dei due anziani, quando la vedova si recò alle Poste per verificare la situazione dei due conti e fece la triste scoperta.
La coppia parte offesa (attraverso l’avvocato Sergio Della Rocca), si è costituita parte civile chiedendo un risarcimento di 100mila euro alle Poste. E quest’ultima, chiamata in causa come responsabili civile dalle parti offese, a sua volta si è costituita parte civile nei confronti della dipendente, destinataria nel frattempo di una lettera di licenziamento. Poste Italiane sostengono, in sintesi, di essere venute a conoscenza dei comportamenti illeciti della dipendente dopo le indagini della magistratura e di aver quindi provveduto a licenziarla (non si sa se il provvedimento sia stato o meno opposto dall'imputata). Un modo per parare l'eventuale colpo del risarcimento del danno chiesto dalle parti offese. «Non pare quindi attribuibile a Poste Italiane», scrive l’istituto nella memoria del responsabile civile, «alcuna responsabilità in quanto l’evento lamentato dalle parti offese è costituito da comportamenti illeciti posti in essere dalla dipendente in totale autonomia». La parola al tribunale.